Il PIL, la Lezzi e il malcontento
Ieri mattina un po’ tutte le persone di buon senso si sono da una parte indignate e dall’altra divertite per le dichiarazioni dalla pagina facebook della senatrice Barbara Lezzi del MoViMento 5 Stelle relativa all’analisi della crescita del P.I.L.; in serata la stessa senatrice ha sentito la necessità, probabilmente a causa degli sberleffi ricevuti, di rincarare la “dose” e di cercare – per quanto possibile, ma, ormai, la frittata era fatta! – di correggere il tiro provando, in un lungo discorso, sempre via facebook, a ridimensionare le cantonate prese con il primo video e, come sempre, in perfetto stile pentastellato, a provare a spostare l’attenzione degli increduli astanti su temi che nulla – ma proprio nulla! – avevano a che fare con la questione del P.I.L. tanto goffamente affrontata dalla senatrice leccese. Della ilarità di questi due video si sono abbondantemente occupati un po’ tutti i quotidiani nazionali con l’unica eccezione, ovviamente, de “Il Fatto Quotidiano”, organo (semi)ufficiale del MoViMento.
Non mi importa tanto, adesso, smontare ulteriormente questa triste persona; non mi importa scoperchiare gli altarini dell’assunzione come assistente personale della figlia del fidanzato (non convivente, come si è affrettata a dichiarare al tempo della scandalosa scelta) che tanto ha fatto indignare la stessa base pentastellata; non mi importa analizzare ancora le sciocchezze che, con recidiva imperizia, ha sostenuto per ben due volte invitando i politici (quelli “seri”) al confronto; ancor meno m’importa infierire sull’incapacità politica ed economica manifesta e lampante di questa ragioniera che dovrebbe ipoteticamente essere il ministro dell’economia in un ipotetico governo a 5 stelle: del resto vivo in una regione, la Sicilia, in cui un oscuro geometra che basa la sua campagna elettorale sulla promessa di sanatorie, condoni e assistenzialismo, è il candidato governatore dei 5 stelle. Non mi importa, davvero, di tutto ciò; parole e parole sono state spese, scritte e pronunciate da persone più esperte e più qualificate di me che sono solo un piccolo medico di una piccola (anzi la più piccola) città siciliana. Mi importa, al contrario, cercare di capire il perché i 5 stelle contestano in questo modo la crescita economica del nostro Paese.
L’economia che cresce è un bene; certo, com’è riportato da quasi tutti i giornali, l’Italia cresce un po’ meno degli altri Paesi europei, ma cresce. Qualcuno sentenzia che si sarebbe potuto fare di più e meglio, qualcun altro mette a paragone il nostro Paese con la Spagna, altri ancora riportano i differenziali di crescita snocciolando responsabilità o inadempienze della classe politica. Bene. Nessuno, però, discute la crescita e nessuno (a parte la senatrice Lezzi e i suoi sostenitori) ricercano motivazioni astruse e improbabili. Tutti – più o meno – analizzando i dati ISTAT scrivono che la crescita è dovuta alla ripresa industriale. Di chi sia il merito di questa crescita è ovvio; a chi questa crescita dà fastidio e per quali motivi è un po’ meno ovvio.
La depressione economica, in realtà, è uno dei parametri sui quali, al pari della scarsa percezione della sicurezza o della presunta corruttibilità della classe politica, fondano la propria esistenza i movimenti populisti: attraverso l’esasperazione di una povertà percepita diffusa cui viene impietosamente aggiunta (in toni ovviamente esagerati) la minaccia della sicurezza determinata dalle ondate di migrazioni e l’incapacità (ancorché solo presunta) della classe politica di garantirla, perché ovviamente corrotta, i movimenti populisti scavano fondamenta nel malcontento della gente e piazzano i loro pilastri, impalcatura di consenso.
I successi della politica economica stigmatizzati dalla crescita del P.I.L., ancorché inferiore ad altri Paesi dell’area euro, sottrae spazi di credibilità ai movimenti populisti e, soprattutto, ai 5 stelle che hanno fatto della (a loro dire) incapacità del PD l’ariete per sfondare le porte del malcontento generale ingenerato da circostanze che – e sarebbe anche ora che qualcuno lo dica – non sono dovute né al PD, né ad altre forze politiche nazionali, ma hanno origini lontane e il cui riverbero ha portato non solo l’Italia, ma l’intero occidente, a una crisi economica paragonabile solo a quella del 1930.
La crescita del P.I.L., l’economia in crescita del Paese, in altre e più semplici parole, impedisce ai 5 stelle (e a tutti gli altri) di capitalizzare ai fini elettorali il rancore popolare, toglie spazi sui quali piantare ulteriori pilastri nel malcontento della gente che, lentamente ma progressivamente, potrebbe iniziare a rendersi conto che quel tanto vituperato governo Renzi tanto male non ha poi così fatto.
Come si dice, ai posteri…