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Barbara Lezzi e la politica del "rutto"

Ci sono verità che è difficile contestare; ci sono dati, numeri, percentuali che in modo più o meno brutale ci danno gli strumenti per giudicare gli eventi. È il caso della crescita del P.I.L. registrato nel precedente trimestre rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente; più esattamente l’ISTAT (quindi non una qualsiasi agenzia demoscopica) ha pubblicato la crescita del prodotto interno lordo dell’1,5% rispetto allo stesso trimestre del 2016.

Ora, io che non sono né un economista, né uno statista ma nemmeno uno sciocco, ho cercato, prima di rischiare di dire sciocchezze, di capire meglio, di documentarmi; anche (ma non solo, in realtà) per assestare i giusti colpi a quella corrente di mezze cartucce che gravita nella galassia pentastellata.

Partiamo dalle definizioni. Cos’è il prodotto interno lordo di un Paese? Esso rappresenta il risultato finale dell’attività produttiva dei residenti di un Paese in un dato periodo. In altre parole è l’indice più affidabile della ricchezza complessiva di un Paese in quanto esso descrive gli scambi che avvengono in termini di offerta versus richiesta.

E come si calcola il P.I.L.? Esso viene derivato fa una serie molto complessa di calcoli la cui equazione più semplice è quella elaborata da Keynes la quale postula che il prodotto interno lordo di una Nazione è dato dalla somma dei consumi (dei privati o delle imprese) che indicheremo come “C” cui sono sommati gli investimenti dello Stato (che indicheremo come “S” e dei privati (indicati come “P”) al netto della differenza tra ciò che si esporta (“E”) e ciò che si importa (“I”). L’equazione di Keynes vale pertanto:

PIL = C + S + P + (E – I).

Ma, ciò che più è importante per l’analisi che desidero qui sviluppare, è che in questo calcolo sono applicati dei “correttivi” per evitare i bias; tali correttivi tengono conto di alcune variabili quali, per esempio quelle ambientali e climatiche che possono, appunto, condizionare il PIL (si trova tale criterio nella “Enciclopedia online della Treccani”).

In un esilarante video pubblicato ieri pomeriggio la senatrice Lezzi del MoViMento 5 stelle ha suggerito una interpretazione che, per decenza, definiremo “fantasiosa” della crescita del PIL arrivando a immaginare (ecco, appunto: interpretazione fantasiosa!) che la crescita del Paese è dovuta al caldo (quindi alle condizioni climatiche) che hanno fatto levitare i consumi di energia. Non considera la senatrice che tali correttivi, però, sono già valutati al momento del calcolo per cui non dovrebbero essere ulteriormente addotti a spiegazione. Ma, consideriamo, per assurdo e per un momento, valida l’ipotesi della senatrice pentastellata e guardiamo i valori (i numeri, senatrice, i numeri!) della temperatura media registrata nel trimestre aprile-giugno del 2016 e dello stesso periodo nel 2017.

Nel mese di aprile 2016 la media delle temperature su base nazionale è stata di 13,7°C (range 7,4°C – 19,7°C) mentre nel mese di aprile 2017 abbiamo avuto una media di 13,1°C (range 6,3°C – 20,0°C); nel mese di maggio 2016 la media è stata di 15,9°C (range 10,2°C – 21,6°C) mentre nel mese di maggio 2017 le temperature hanno avuto una media di 17,3°C (range 10,3°C – 29,4°C); infine a giugno del 2016 la temperatura media nazionale è stata di 20,5°C (range 14,4°C – 26,6°C) mentre nel giugno 2017 la media è stata di 23,6°C (range 15,0°C – 31,0°C). Facendo i dovuti calcoli aritmetici vediamo che la differenza in aprile è stata negativa di circa mezzo grado (-0,4°C), in maggio è aumentata di +1,4°C e in giugno di +3,1°C; la media complessiva del periodo, infine, registra una variazione totale di ben +1,3°C. Ora, senza voler commentare oltre tali numeri e senza volerci reinventare meteorologi, è facile comprendere, anche a voler considerare che, per un banale errore di calcolo, tale correttivo atmosferico non sia stato introdotto nella elaborazione del PIL dell’ISTAT (che è bene ricordare è una agenzia governativa, ma indipendente), che l’interpretazione della senatrice Lezzi sia come minimo, appunto, fantasiosa in quanto nel suo comunicato ella sostiene che l’incremento del PIL è dovuto a un aumento di produzione di energia e relativo consumo a causa di un maggiore uso dei condizionatori (sic!).

La realtà dei fatti è che la produzione italiana nel trimestre preso in esame è cresciuta, che questo piaccia o meno alla senatrice, che questo infastidisca o meno il popolo pentastellato. Del resto il post pubblicato quest’oggi nella pagina facebook la stessa Barbara Lezzi corregge il tiro sostenendo che «la produzione di energia è solo una delle componenti che concorre alla crescita della produzione industriale». In ogni caso la stessa agenzia Terna citata dalla Lezzi informa che «la domanda dei primi sei mesi del 2017 e' in crescita dell'1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2016. A parita' di calendario il valore e' +2%. A livello territoriale, la variazione tendenziale di maggio 2017 e' stata ovunque positiva: +8,5% al Nord, +7,4% al Centro e +5,9% al Sud.» per cui l'aumento dei consumi elettrici è spalmato su un periodo ben più lungo, di sei mesi che non può essere giustificato soltanto dagli incrementi di temperatura (ammesso che il correttivo non sia stato inserito nel calcolo).

Inoltre, come ha prontamente contestato Luigi Marattin, l'incremento del PIL è dovuto alla crescita industriale che in Italia è stata pressoché doppia rispetto al resto dell'Europa con ben il +5,3% rispetto alla media comunitaria del +2,6%; tale incremento è dovuto al traino esercitato dal settore farmaceutico (+18,6%) e la produzione dei mezzi di trasporto che hanno incrementato del +13,6%. Dichiarare, come ha fatto Barbara Lezzi, che la produzione industriale dipende dai consumi elettrici, suggerisce Marattin, vuol dire non capire la differenza tra consumi e produzione.

Ha ragione Claudio Cerasa (oggi, 17 agosto, su “Il Foglio”): «La politica del rutto ha un avversario tosto: i fatti» e i fatti sono che la buona politica del Governo Renzi sta iniziando a dare i suoi frutti (non “rutti”).

Ieri un mio amico, forse appena un po’ più malizioso di me, mi ha suggerito una chiave di lettura della corsa alle elezioni anticipate soprattutto dei 5 stelle e mi ha detto: “Adesso capisco perché tutti volevano le elezioni anticipate; proprio perché non volevano dare vantaggi al PD”.

Forse è giunta l’ora di rivendicare rumorosamente i successi e di contrastare i rutti coi frutti.

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Fabrizio Pulvirenti
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